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Agricoltura e rischio chimico
L'agricoltura
è la più antica attività dell'uomo rivolta allo sfruttamento economico
delle risorse naturali che si è sviluppata con la costante introduzione
di innovazioni tecnologiche. Tuttavia in vaste aree del mondo e
nella stessa Europa l'agricoltura tradizionale convive con l'agricoltura
moderna e questa, a sua volta, propone una pluralità di forme che
prevedono soluzioni tecniche diverse secondo i valori e gli obiettivi
espressi dalla società. Pertanto è impossibile parlare genericamente
di agricoltura e di rischio chimico associato all'agricoltura sebbene,
passando a livelli regionali o locali, la varietà delle forme di
agricoltura tenda a ridursi notevolmente.
Le principali
forme di agricoltura possono essere così classificate:
·
agricoltura di sussistenza: coltivazioni di piante annuali,
attuate in terreni liberati saltuariamente con il taglio o l'incendio
di piante spontanee, e allevamenti di animali al pascolo, con tecniche
colturali e di allevamento totalmente empiriche;
·
agricoltura tradizionale (o classica):
coltivazione di piante erbacee in rotazione o di piante arboree
da frutto in campi sistemati con canali e dotati di edifici (abitazioni,
stalle, ecc.); allevamenti di animali al pascolo per produrre carne,
latte e lana e in stalla per il lavoro dei campi; trasformazione
di prodotti agroalimentari (burro, formaggio, vino, olio) e produzione
di manufatti artigianali (tessuti di lana, mobili o attrezzi di
legno); le tecniche colturali sono rivolte alla fertilità dei suoli
e prevedono l'avvicendamento delle colture, la distribuzione nei
campi del letame animale e l'uso di concimi minerali: queste innovazioni
tecniche, messe a punto dagli agricoltori assistiti da tecnici agricoli
formati nelle scuole di agricoltura, sono dette "neutrali",
perché non alterano i rapporti tra terra, capitale e lavoro, e/o
"risparmiatrici di terra" (yield
increasing), perché aumentano i rendimenti produttivi unitari
delle colture;
·
agricoltura di transizione: sistemi agrari tradizionali nei
quali il lavoro umano e animale è progressivamente sostituito dalle
macchine, prima nelle operazioni colturali che richiedono maggiore
energia (lavorazioni dei suoli) e poi in altre operazioni (concimazioni,
semine, sarchiature, trattamenti antiparassitari, raccolta di prodotti):
si tratta di innovazioni tecniche "non neutrali", perché
alterano i rapporti tra capitale e lavoro e/o "risparmiatrici
di lavoro" (labour saving), che in parte causano l'espulsione dei lavoratori dall'agricoltura
e in parte reagiscono all'attrazione dei lavoratori agricoli da
parte dell'industria e delle altre attività economiche; la rarefazione
della manodopera e le difficoltà tecnico-economiche per l'installazione
di moderni impianti industriali espellono dall'agricoltura le trasformazioni
agroalimentari che vengono trasferite ai settori industriali;
·
agricoltura tecnologica: la crescente meccanizzazione delle
colture e degli allevamenti provoca, da un lato, la semplificazione
delle rotazioni agrarie e l'eliminazione delle colture più difficili
da meccanizzare o di quelle meno remunerative e dall'altro favorisce
l'unione delle innovazioni biologiche (ibridazione e/o modificazione
genetica delle piante), chimiche ( prodotti chimici di sintesi mirati
a specifiche esigenze dei cicli colturali delle piante) e meccaniche
(macchine operatici specializzate) in "pacchetti tecnologici"
prodotti dai settori a monte (farm supplies) del sistema agroindustriale
(agribusiness); l'agricoltura
tende a specializzarsi (cerealicoltura, orticoltura, frutticoltura;
allevamento di vacche da latte o di vitelli da carne) e a integrarsi
con le attività di noleggio di macchine agricole e/o con i settori
a valle dell'agribusiness,
cioè con l'industria e con la distribuzione commerciale (processing and distribution), dando luogo alle cosiddette "filiere"
agroalimentari;
·
agricoltura industriale: pacchetti tecnologici sempre più
innovativi (grazie anche alle biotecnologie) sostituiscono le risorse
fondiarie con impianti produttivi artificiali, programmati e gestiti
anche con il ricorso all'informatica e alla telematica (vedi le
colture idroponiche di ortaggi attuate su bancali in serre calde)
e/o a rompere il legame fra la produzione foraggiera e l'allevamento
degli animali (allevamenti "senza terra"); l'agricoltura
industriale comprende anche le produzioni vegetali e animali rivolte
alla produzione di ormoni, farmaci, proteine, dolcificanti, ecc.
·
agricoltura per prodotti tipici: la riduzione dei prezzi dei prodotti
agricoli indifferenziati, dovuta alla riduzione dei costi di produzione
provocata dalla diffusione del progresso tecnico, orienta l'agricoltura
dei paesi di antica tradizione agricola e agro-alimentare alla produzione
di prodotti tipici, protetti da marchi di origine e garantiti da
disciplinari di produzione che uniscono le tecniche agricole tradizionali
a quelle innovative;
·
agricoltura biologica (organica): motivazioni etiche e obiettivi
di "qualità totale" della vita umana e dell'ambiente determinano
una nuova forma di agricoltura, detta in Italia biologica, in Gran
Bretagna organica e altrove ecologica, che prevede l'eliminazione
totale dei mezzi chimici di sintesi (antiparassitari e diserbanti),
l'impiego di concimi organici, o di concimi minerali non di sintesi,
e il divieto di coltivazione di piante transgeniche; l'agricoltura
biologica, codificata dal regolamento dell'Unione Europea n. 2092
del 1991, non è un ritorno all'agricoltura classica, dalla quale
tuttavia assume l'impostazione "sistemica", ma è un'innovazione
organizzativa che sta all'agricoltura tecnologica e industriale
come l'industria "toyotista" sta all'industria "fordista",
poiché gli agricoltori biologici introducono la certificazione di
prodotto e un nuovo rapporto tra il produttore e il consumatore;
·
agricoltura sostenibile: diffusi fenomeni di inquinamento
ambientale (dispersione di nitrati e molecole di sintesi nelle falde
freatiche e accumulo di metalli pesanti nel suolo) hanno spinto
l'Unione Europea e altri paesi ad adottare misure legislative per
il controllo delle emissioni inquinamenti e/o per sostenere gli
agricoltori che praticano tecniche colturali con il minimo impiego
di antiparassitari e di concimi chimici così da renderne l'uso compatibile
con le capacità di carico degli ecosistemi naturali (low input agriculture); l'impiego di tecniche
di lotta integrata ai parassiti delle piante (mix di lotta biologica e di uso limitato dei mezzi chimici di lotta)
stimola l'adozione di marchi di qualità per i prodotti agricoli
(in particolare per frutta e ortaggi), garantiti sotto la comune
etichetta di "prodotti di agricoltura integrata";
·
agricoltura multifunzionale: l’agricoltura multifunzionale persegue
un insieme di obiettivi rivolti alla tutela e alla valorizzazione
del territorio rurale: conservazione delle risorse naturali e dei
paesaggi agrari, prevenzione dei danni ambientali, promozione della
qualità e tipicità dei prodotti alimentari, mantenimento delle attività
di presidio del territorio; l'agricoltura multifunzionale viene
sostenuta dalla politica di sviluppo rurale dell'Unione Europea
e da strumenti contrattuali previsti da alcuni stati membri: management
agreements in Gran Bretagna (Countryside
Stewardship Scheme, Organic
Farming Scheme, Environmental Sensitive Scheme e Woodlands Grant Scheme) e Contrat Territorial d'Exploitation in Francia,
con cui è garantito dallo stato francese un sostegno all'agricoltore
affinché questi valorizzi i prodotti di qualità, protegga l'ambiente,
vegli sul rinnovamento delle risorse naturali e gestisca il paesaggio,
rispondendo alle nuove attese della società verso l'agricoltura
moderna.
Il rischio
chimico per i lavoratori agricoli, che operano a diretto contatto
con le colture e gli allevamenti intensivi o nell'atmosfera controllata
delle serre, è correlato alle forme di agricoltura sopra descritte,
cui si associano anche il rischio alimentare del consumatore (insalubrità
di cibi e bevande) e il rischio ambientale (inquinamento dei suoli
e delle acque, perdita di biodiversità, distruzione dei paesaggi,
ecc.). L'impatto delle varie forme di agricoltura causato dell'impiego
dei mezzi chimici può essere così schematizzato, distinguendo il
rischio lavorativo, alimentare e ambientale:
Tab. 1.1 - Collegamento fra le varie
forme di agricoltura e di rischio chimico
Forme di agricoltura
|
rischio lavorativo
|
rischio alimentare
|
rischio ambientale
|
di sussistenza
|
assente
|
alto
|
assente
|
tradizionale
(classica)
|
molto
basso
|
medio
|
molto
basso
|
di transizione
|
medio
|
medio
|
medio
|
tecnologica
|
alto
|
alto
|
alto
|
industriale
|
molto
alto
|
alto
|
molto
alto
|
per prodotti
tipici
|
alto
|
medio
|
alto
|
biologica
|
molto
basso
|
molto
basso
|
assente
|
sostenibile
|
basso
|
basso
|
basso
|
multifunzionale
|
basso
|
medio
|
basso
|
La localizzazione
delle varie forme di agricoltura e dei relativi rischi chimici negli
scenari continentali, nazionali e locali è ardua, perché le varie
forme di agricoltura evolvono nello stesso spazio e possono convivere
in spazi diversi ma vicini. Contribuisce alle difficoltà di localizzazione
delle forme di agricoltura la diffusione delle moderne tecniche
agricole nelle aree meno sviluppate, grazie alla FAO e agli altri
organismi della cooperazione internazionale; tanto più se si considera
che dopo alcuni eccessi compiuti con l'integrale sostituzione dell'agricoltura
tradizionale con quella tecnologica (prima "rivoluzione verde")
si è adottato un modello di diffusione del progresso tecnico in
agricoltura che dà spazio alle conoscenze empiriche locali (seconda
"rivoluzione verde").
In scenari
mondiali in evoluzione per la contestuale globalizzazione dei mercati
dei prodotti agroalimentari e del progresso tecnico agricolo, è
possibile delineare i caratteri dell'agricoltura solo ricorrendo
a indici molto semplici, reperibili nelle statistiche internazionali,
come ad esempio la percentuale di addetti all'agricoltura sul totale
degli attivi: gli attivi agricoli diminuiscono rapidamente passando
dall'agricoltura di transizione a quella tecnologica e industriale,
per stabilizzarsi o risalire lievemente con l'agricoltura biologica
e/o con quella dedita alla produzione di beni alimentari tipici.
Per un rapido esame delle caratteristiche dell'agricoltura e dei
connessi rischi chimici per i lavoratori, i consumatori e l'ambiente,
si possono stabilire delle correlazioni abbastanza significative
tra la percentuale degli attivi in agricoltura sugli attivi totali
di un dato sistema economico e le forme di agricoltura prevalenti
in quel sistema. Tuttavia si possono formulare correlazioni più
complete e corrette impiegando anche variabili macroeconomiche (ad
esempio il reddito pro capite) e demografiche (ad esempio la densità
della popolazione) che, incrociate con la percentuale di attivi
in agricoltura sugli attivi totali, permette di costruire un quadro
di riferimento più accettabile, come quello proposto nella figura
1.
Figura
1 – Quadro di riferimento: variabili macroeconomiche e demografiche
in rapporto alla popolazione attiva in agricoltura
Pur consapevoli
della semplificazione compiuta correlando le forme di agricoltura
a poche variabili macroeconomiche e demografiche, si possono tuttavia
inferire le forme di agricoltura prevalenti nei vari continenti
in base alle variabili indicate in tabella 1.2.
Tab. 1.2 - Attivi agricoli, densità
demografica e reddito pro capite nei continenti
Continente
|
% attivi agricoli
|
abitanti/km2
|
Pil/abitante ($)
|
Africa
|
61,3
|
26,2
|
1.281
|
Asia
|
57,9
|
110,2
|
3.033
|
Russia
|
30,0
|
8,7
|
4.995
|
Europa
|
9,2
|
101,5
|
11.721
|
America
del Nord
|
10,1
|
20,6
|
15.757
|
America
del Sud
|
21,6
|
17,4
|
4.678
|
Oceania
|
15,6
|
3,2
|
13.672
|
Media mondiale
|
45,2
|
43,6
|
4.926
|
Nel continente
africano l'agricoltura si trova, in linea di massima, agli stadi
iniziali di agricoltura di sussistenza o tradizionale, sebbene vi
siano paesi ad alto livello di sviluppo con agricoltura di transizione
o tecnologica (Marocco, Tunisia, Sud Africa e Madagascar) e aree
minori di agricoltura industriale (floricoltura e orticoltura) in
altri paesi (Kenya, Senegal). Il rischio chimico in Africa è basso,
sebbene nelle zone agricole più intensive il rischio chimico possa
raggiungere livelli elevati, anche per la tendenza a trasferire
i prodotti chimici più pericolosi per l'uomo e più inquinanti per
l'ambiente nei paesi meno sviluppati. Per le caratteristiche socioeconomiche
si ritiene che in Africa anche le possibilità di controllo del rischio
chimico siano estremamente basse.
In Asia
l'elevata densità di popolazione ha spinto in passato e tuttora
spinge gli agricoltori a sfruttare intensamente le terre fertili
delle pianure dei grandi fiumi dell'India e della Cina e le vastissime
aree a pascolo delle pianure centrali; l'agricoltura è in Asia prevalentemente
tradizionale o di transizione, pur essendo avviata, in seguito al
rapido decollo industriale, verso forme tecnologiche che prevedono
anche l'immissione da parte delle imprese multinazionali di "pacchetti
tecnologici" basati sulle piante transgeniche. In Asia vi sono
tuttavia anche paesi sviluppati (Giappone e Israele) con agricolture
d'avanguardia. Il rischio chimico in agricoltura è decisamente in
crescita in Asia, ma le possibilità di controllarlo restano quelle,
invero modeste, dei paesi poco sviluppati.
Un altro
scenario continentale evolutivo è quello sudamericano, dove i grandi
paesi agricoli (Argentina, Brasile, Cile e Uruguay) hanno agricolture
tecnologiche che prevedono innovazioni high-tech
nelle quali vi è un largo spazio all'ingegneria genetica (soia in
Argentina); ai paesi sudamericani più evoluti si contrappongono
altri paesi l'agricoltura dei quali conserva caratteri tradizionali
o di transizione. Il rischio chimico non è elevato nell'agricoltura
sudamericana perché la disponibilità di terra permette usi dei mezzi
chimici meno concentrati nello spazio: la crisi economica e l'instabilità
politica del Sud America rendono poco realistico pensare a efficaci
controlli del rischio chimico.
Nord America, Oceania e Europa (esclusa Russia)
sono i continenti a maggiore sviluppo economico e quindi dotati
di agricolture tecnologicamente avanzate. La rapida rassegna sulle
forme di agricoltura a livello mondiale qui proposta mira a sottolineare
le specificità dell'Europa, riguardo agli altri continenti sviluppati.
Sebbene alcuni paesi del Nord America e dell'Oceania abbiano agricolture
tradizionali o di transizione, in tali continenti dominano le agricolture
dei grandi paesi anglofoni: USA e Canada in Nord America; Australia
e Nuova Zelanda in Oceania. Confrontando l'Europa con questi paesi,
che hanno simili percentuali di attivi in agricoltura e livelli
comparabili di reddito pro capite, si nota che l'agricoltura europea
convive con alte densità di popolazione che rendono acuto il problema
dei rischi chimici dell'agricoltura, non solo per i lavoratori agricoli
ed i consumatori, come in Nord America e in Oceania, ma anche per
gli ecosistemi naturali. Questo carattere specifico europeo spiega
l'interesse per l'agricoltura biologica, sostenibile e multifunzionale
e/o per le produzioni tipiche, tutti scenari innovativi che riducono
il rischio chimico, in Europa più avvertito che altrove al di là
delle regioni politiche inerenti alla riduzione della spesa comunitaria
per la garanzia dei prezzi agricoli.
Prima di
procede all'esame dettagliato della situazione europea occorre dire
che, ad un crescente rischio chimico in agricoltura, fa da contrappeso
un bilancio mondiale fra fabbisogni e produzioni agroalimentari
sostanzialmente in equilibrio, tenuto conto che la popolazione mondiale
ha superato i 6 miliardi di persone (tab. 1.3).
Tab. 1.3 - Fabbisogni e disponibilità
di cibo a livello mondiale
Fabbisogni e disponibilità di cibo
|
Mondo
|
Paesi sviluppati
|
Paesi in v.s.
|
Fabbisogno (kcal/giorno)
|
2.400
|
2.560
|
2.360
|
Produzione “
|
2.700
|
3.400
|
2.470
|
Saldo
positivo “
|
+ 300
|
+ 840
|
+ 110
|
Sebbene
la produzione mondiale sia sufficiente a nutrire l'umanità, un decimo
della popolazione mondiale è sottoalimentato e un settimo è malnutrito:
in Africa non hanno sufficiente disponibilità di alimenti 30 paesi
su 53 (60%); in Asia 7 paesi su 35 (20%); in Sud America 2 paesi
su 13 (15%); in Centro America 2 paesi su 27 (7%). Europa, Nord
America e Oceania sono esenti da problemi di sottoalimentazione
o di malnutrizione sebbene anche qui vi siano fasce deboli di popolazione
che hanno problemi simili. I rischi legati all'uso della chimica
in agricoltura sono rischi necessari per rispondere al fabbisogno
alimentare di una popolazione mondiale in rapida crescita; i paesi
dove si manifesta la sottoalimentazione e/o la malnutrizione hanno
tutti agricolture tradizionali, se non addirittura di sussistenza,
e tali paesi possono superare le crisi alimentari grazie all'importazione
delle derrate agricole (se hanno i mezzi di pagamento) oppure agli
aiuti dei paesi con agricoltura tecnicamente sviluppata. Un ruolo
importante ha anche la crescente internazionalizzazione dei mercati
alimentari: il volume del commercio mondiale è di circa 8 milioni
di milioni di dollari USA, di cui 4 milioni di esportazioni e 4
milioni di importazioni, con un interscambio alimentare pari al
10% del commercio mondiale: i principali paesi esportatori di beni
alimentari sono USA (27%), Francia (16%) e Canada (7%), che sono
anche i paesi che garantiscono le maggiori riserve alimentari mondiali,
mentre i principali paesi importatori sono Giappone (10%), Cina
(5%), Germania (4%), Russia (3%) e Italia (3%).
I problemi
della sottoalimentazione e della malnutrizione non sono tecnici
ma economici e politici, essendo dovuti alle difficoltà dei paesi
meno sviluppati di pagare le importazioni di derrate alimentari,
oppure al fatto che tali paesi pagano le importazioni di tecnologie
industriali con l'esportazione dei loro prodotti agricoli. I problemi
politici dipendono a loro volta dalle difficoltà di dare al commercio
mondiale regole che prevedano forme alternative di pagamento delle
derrate alimentari (non solo valuta pregiata, ma anche obblighi
di adottare corrette politiche di sviluppo, di combattere la corruzione
e i traffici di armi o di droga, di non distruggere le risorse naturali
e storiche di interesse per l’umanità). Amartya Sen ritiene che
per risolvere il problema della fame e della malnutrizione nel mondo
non sia sufficiente lo sviluppo tecnologico dell'agricoltura né
le attuali regole del commercio mondiale, ma occorre riconoscere
a tutte le comunità dei paesi gli entitlements (titoli di disponibilità) sulle risorse necessarie per
produrre gli alimenti. I problemi della fame e della malnutrizione
nel mondo possono essere risolti mediante: a) l'ulteriore sviluppo
tecnologico dell'agricoltura che non può evitare un crescente ricorso
all'uso della chimica; b) l'ulteriore internazionalizzazione dei
mercati agricoli; c) l'introduzione di nuove regole del commercio
internazionale che riconoscano a tutte le comunità del mondo titoli
di disponibilità sulle risorse alimentari.
Se il progresso tecnologico dell'agricoltura è inevitabile
a causa della competizione sui mercati internazionali e indispensabile
per garantire l'equilibrio fra fabbisogni e disponibilità alimentari
a livello mondiale, il rischio chimico è destinato ad aumentare
nel mondo presentandosi in modo più acuto proprio nei paesi che
usciranno dall'agricoltura di sussistenza o tradizionale: i rischi
maggior riguardano i lavoratori agricoli e i consumatori più poveri,
che sono le fasce sociali più deboli e più esposte agli usi indiscriminati
e incontrollati della chimica. Perciò la responsabilità di introdurre
innovazioni, che facciano un uso più corretto della chimica in agricoltura
e siano suscettibili di monitoraggio e di controllo, ricade sui
paesi avanzati e in particolare dell'Europa, che ha saputo adeguare
le tecniche agricole per conciliarle a situazioni demografiche e
sociali più esposte, rispetto agli altri continenti, a tutta un'estesa
gamma dei rischi chimici.
Passando all'Europa si metterà particolarmente a fuoco il
quadro dei 15 paesi membri dell'Unione Europea (tab.1.4), per passare
poi alle regioni italiane e alle province toscane (tab. 1.5 e 1.6),
tra cui la provincia di Livorno oggetto di questo studio.
Tab. 1.4 - Attivi agricoli, densità
demografica e reddito pro capite nell'U.E. a 15
Paese
|
% attivi agricoli
|
abitanti/km2
|
Pil/abitante ($)
|
Austria
|
5,0
|
95,5
|
16.243
|
Belgio
|
2,7
|
327,4
|
16.855
|
Danimarca
|
5,7
|
119,4
|
17.211
|
Finlandia
|
7,2
|
16,6
|
16.281
|
Francia
|
6,1
|
103,4
|
17.175
|
Germania
|
3,4
|
223,5
|
16.167
|
Grecia
|
25,3
|
76,0
|
8.170
|
Irlanda
|
6,0
|
51,0
|
11.535
|
Italia
|
7,7
|
191,0
|
15.812
|
Lussemburgo
|
3,2
|
376,7
|
19.667
|
Olanda
|
4,6
|
362,1
|
16.389
|
Portogallo
|
17,8
|
107,4
|
9.168
|
Regno
Unito
|
2,2
|
234,5
|
15.402
|
Spagna
|
11,8
|
77,0
|
12.336
|
Svezia
|
3,4
|
21,2
|
17.335
|
Unione Europea
|
6,6
|
145,7
|
14.080
|
Secondo
gli scenari agricoli delineati nella figura 1, l'attuale Unione
Europea a 15 si colloca decisamente nel quadrante in alto a destra,
essendo costituita da paesi a alto reddito pro capite e densamente
popolati dive sono presenti tutte le forme moderne di agricoltura,
dall'agricoltura tecnologica a quella industriale, dall'agricoltura
multifunzionale a quella dei prodotti tipici, dall'agricoltura biologica
a quella sostenibile: questa constatazione è, con tutta evidenza,
tautologica, dal momento che queste forme di agricoltura sono state
partorite un po' spontaneamente da parte degli agricoltori e dei
consumatori europei e molto dalle politiche dell'Unione Europea
e di alcuni stati membri. I rischi chimici dell'agricoltura appaiono
quindi distribuiti nell'Europa a 15 a macchia di leopardo, poiché
su una base generalizzata di agricoltura tecnologicamente avanzata
si inseriscono aree territoriali, più o meno estese, di agricoltura
riconvertita a scenari che prevedono un ricorso minore - ed in alcuni
casi quasi nullo - ai mezzi chimici.
Il rischio
chimico nell'agricoltura nell'Unione Europea è difficilmente evidenziabile
e controllabile perché richiede conoscenze e interventi operativi
mirati. Si può dire che le difficoltà sono maggiori in Europa che
nei paesi dove l'agricoltura fa uso massiccio della chimica perché
qui è possibile monitorare vasti territori intervenendo con normative
e strumenti di controllo di massa. Invece nell'Europa a 15, anche
in territori di modeste dimensioni, non è definibile a priori quale
forma di controllo, normativa o strumento operativo conviene utilizzare,
giacché si possono trovare aziende agrarie che attuano l'agricoltura
tecnologica vicine ad aziende biologiche, aziende orticole o floricole
con serre vicine a aziende dedite a produzioni tipiche o all'agriturismo
Tab.
1.5 - Attivi agricoli, densità demografica e reddito pro capite
in Italia
Regioni
|
% attivi agricoli
|
abitanti/km2
|
Pil/ab. (UE=100)
|
Piemonte
|
4,8
|
171,7
|
120,9
|
Valle
d'Aosta
|
6,5
|
34,8
|
127,8
|
Lombardia
|
3,1
|
372,6
|
138,7
|
Liguria
|
3,7
|
320,9
|
117,5
|
Trentino
- Alto Adige
|
8,9
|
65,1
|
119,0
|
Veneto
|
5,5
|
238,2
|
117,5
|
Friuli
- Venezia Giulia
|
4,8
|
154,4
|
118,3
|
Emilia
- Romagna
|
8,0
|
177,4
|
130,0
|
Umbria
|
6,4
|
96,5
|
98,5
|
Marche
|
7,2
|
147,4
|
103,8
|
Toscana
|
4,6
|
153,4
|
113,7
|
Lazio
|
4,0
|
300,2
|
117,2
|
Campania
|
8,5
|
425,8
|
66,5
|
Abruzzo
|
7,6
|
117,1
|
88,7
|
Molise
|
14,2
|
76,2
|
79,3
|
Puglia
|
11,7
|
209,5
|
73,2
|
Basilicata
|
13,7
|
62,3
|
62,2
|
Calabria
|
12,8
|
142,5
|
56,9
|
Sicilia
|
10,2
|
201,1
|
68,6
|
Sardegna
|
10,2
|
68,7
|
75,2
|
ITALIA
|
7,7
|
191,0
|
101,9
|
Questa
disparità di situazioni è presente anche in Italia, dove il pluralismo
agricolo è accentuato dalla variabilità della struttura socioeconomica
delle regioni italiane (tab. 1.5): in nessun altro paese dell'Unione
Europea si riscontrano ranges di 80 punti percentuali di reddito
pro capite, rispetto alla media europea, tra la regione più ricca
(Lombardia) e quella più povera (Calabria).
Nel contesto italiano la Toscana è una delle regioni che
più si avvicina alla media dell'Unione Europea (tab. 1.5), in termini
di percentuale di attivi in agricoltura (4,6% in Toscana contro
6,6% nell'Unione Europea), di densità demografica (153,4 abitanti/Km2
contro 154,7) e di reddito pro capite (fatto eguale a 100
il reddito pro capite europeo il numero indice per la Toscana è
113,7). A sua volta la provincia di Livorno è allineata alla media
della Toscana per quanto riguarda la percentuale di attivi in agricoltura,
ma non per la densità demografica che è più elevata della media
toscana, italiana e europea: la provincia di Livorno, per i suoi
caratteri urbano-industriali e marittimo-costieri, ha più assonanze
con alcuni paesi del Nord Europa, come Olanda e Regno Unito, ed
anche con le regioni settentrionali della Germania (paesi o regioni
con cui la città di Livorno è stata a lungo in rapporti commerciali
e culturali). Anche l'agricoltura della provincia di Livorno presenta
un mix di tecnologie avanzate
e di forme di agricoltura ecocompatibili e multifunzionali, tipiche
delle agricolture europee praticate in terreni fertili, fortemente
contesi all'agricoltura dalle altre attività umane.
Tab.
1.6 - Attivi agricoli, densità demografica nelle province della
Toscana
Province
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% attivi agricoli
|
abitanti/km2
|
Massa
e Carrara
|
2,6
|
172,8
|
Lucca
|
4,6
|
212,5
|
Pistoia
|
5,9
|
276,6
|
Firenze
|
2,5
|
303,2
|
Pisa
|
4,0
|
157,1
|
Livorno
|
4,0
|
276,6
|
Grosseto
|
14,2
|
48,5
|
Siena
|
9,3
|
65,8
|
Arezzo
|
6,5
|
98,0
|
Toscana
|
4,6
|
153,4
|
Sebbene
le condizioni economiche e socio-politiche dell'Unione Europea,
dell'Italia, della Toscana e della provincia di Livorno siano favorevoli
al controllo del rischio chimico dell'agricoltura per i lavoratori
agricoli, per i consumatori di prodotti alimentari e per l'ambiente,
le difficoltà conoscitive sono così alte da rendere estremamente
oneroso per la collettività e per i singoli imprenditori agricoli
mettere in pratica efficaci metodi di monitoraggio e adeguati strumenti
di intervento. Anche nei paesi ricchi il tessuto produttivo dell'agricoltura
è relativamente debole e poco disponibile ad adoperarsi, per un
superiore interesse collettivo, se gli agricoltori non sono adeguatamente
sostenuti da incentivi pubblici o coinvolti dallo stato con particolari
strumenti contrattuali.
Siamo in
presenza di un paradosso: da un lato i paesi con l'agricoltura più
avanzata hanno il dovere, per sé e per i paesi in via di sviluppo,
di mettere in campo strumenti di controllo e forme di intervento
che siano in grado di prevenire o ridurre efficacemente il rischio
chimico in agricoltura (così come ogni altra forma di rischio per
l'uomo e per la natura); dall'altro, anche nei paesi più ricchi
l'agricoltura resta un settore debole perché fortemente parcellizzato
e diversificato al suo interno. Come si esce dall'impasse? In un solo modo: investire nella conoscenza degli organi di
governo nazionali, regionali e locali - e questo studio può dare
un contributo in questa direzione - e investire nella responsabilità
di tutti gli operatori del settore, purché siano adeguatamente informati
dei rischi della chimica e delle misure di controllo e di prevenzione
(ed anche in questa direzione questa indagine potrà tornare utile).
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