LE NUOVE TECNOLOGIE A TUTELA
DELLA VITA E DELL'OCCUPAZIONE

Progetto approvato
con D.D.R.T. 7772/2000
all'interno del
POR R.T. Ob.3 FSE





INDICE AGRICOLTURA

1 Agricoltura e rischio chimico

L'agricoltura è la più antica attività dell'uomo rivolta allo sfruttamento economico delle risorse naturali che si è sviluppata con la costante introduzione di innovazioni tecnologiche. Tuttavia in vaste aree del mondo e nella stessa Europa l'agricoltura tradizionale convive con l'agricoltura moderna e questa, a sua volta, propone una pluralità di forme che prevedono soluzioni tecniche diverse secondo i valori e gli obiettivi espressi dalla società. Pertanto è impossibile parlare genericamente di agricoltura e di rischio chimico associato all'agricoltura sebbene, passando a livelli regionali o locali, la varietà delle forme di agricoltura tenda a ridursi notevolmente.

Le principali forme di agricoltura possono essere così classificate:

·         agricoltura di sussistenza: coltivazioni di piante annuali, attuate in terreni liberati saltuariamente con il taglio o l'incendio di piante spontanee, e allevamenti di animali al pascolo, con tecniche colturali e di allevamento totalmente empiriche;   

·         agricoltura tradizionale (o classica): coltivazione di piante erbacee in rotazione o di piante arboree da frutto in campi sistemati con canali e dotati di edifici (abitazioni, stalle, ecc.); allevamenti di animali al pascolo per produrre carne, latte e lana e in stalla per il lavoro dei campi; trasformazione di prodotti agroalimentari (burro, formaggio, vino, olio) e produzione di manufatti artigianali (tessuti di lana, mobili o attrezzi di legno); le tecniche colturali sono rivolte alla fertilità dei suoli e prevedono l'avvicendamento delle colture, la distribuzione nei campi del letame animale e l'uso di concimi minerali: queste innovazioni tecniche, messe a punto dagli agricoltori assistiti da tecnici agricoli formati nelle scuole di agricoltura, sono dette "neutrali", perché non alterano i rapporti tra terra, capitale e lavoro, e/o "risparmiatrici di terra" (yield increasing), perché aumentano i rendimenti produttivi unitari delle colture;        

·         agricoltura di transizione: sistemi agrari tradizionali nei quali il lavoro umano e animale è progressivamente sostituito dalle macchine, prima nelle operazioni colturali che richiedono maggiore energia (lavorazioni dei suoli) e poi in altre operazioni (concimazioni, semine, sarchiature, trattamenti antiparassitari, raccolta di prodotti): si tratta di innovazioni tecniche "non neutrali", perché alterano i rapporti tra capitale e lavoro e/o "risparmiatrici di lavoro" (labour saving), che in parte causano l'espulsione dei lavoratori dall'agricoltura e in parte reagiscono all'attrazione dei lavoratori agricoli da parte dell'industria e delle altre attività economiche; la rarefazione della manodopera e le difficoltà tecnico-economiche per l'installazione di moderni impianti industriali espellono dall'agricoltura le trasformazioni agroalimentari che vengono trasferite ai settori industriali; 

·         agricoltura tecnologica: la crescente meccanizzazione delle colture e degli allevamenti provoca, da un lato, la semplificazione delle rotazioni agrarie e l'eliminazione delle colture più difficili da meccanizzare o di quelle meno remunerative e dall'altro favorisce l'unione delle innovazioni biologiche (ibridazione e/o modificazione genetica delle piante), chimiche ( prodotti chimici di sintesi mirati a specifiche esigenze dei cicli colturali delle piante) e meccaniche (macchine operatici specializzate) in "pacchetti tecnologici" prodotti dai settori a monte (farm supplies) del sistema agroindustriale (agribusiness); l'agricoltura tende a specializzarsi (cerealicoltura, orticoltura, frutticoltura; allevamento di vacche da latte o di vitelli da carne) e a integrarsi con le attività di noleggio di macchine agricole e/o con i settori a valle dell'agribusiness, cioè con l'industria e con la distribuzione commerciale (processing and distribution), dando luogo alle cosiddette "filiere" agroalimentari;

·         agricoltura industriale: pacchetti tecnologici sempre più innovativi (grazie anche alle biotecnologie) sostituiscono le risorse fondiarie con impianti produttivi artificiali, programmati e gestiti anche con il ricorso all'informatica e alla telematica (vedi le colture idroponiche di ortaggi attuate su bancali in serre calde) e/o a rompere il legame fra la produzione foraggiera e l'allevamento degli animali (allevamenti "senza terra"); l'agricoltura industriale comprende anche le produzioni vegetali e animali rivolte alla produzione di ormoni, farmaci, proteine, dolcificanti, ecc.      

·         agricoltura per prodotti tipici: la riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli indifferenziati, dovuta alla riduzione dei costi di produzione provocata dalla diffusione del progresso tecnico, orienta l'agricoltura dei paesi di antica tradizione agricola e agro-alimentare alla produzione di prodotti tipici, protetti da marchi di origine e garantiti da disciplinari di produzione che uniscono le tecniche agricole tradizionali a quelle innovative;      

·         agricoltura biologica (organica): motivazioni etiche e obiettivi di "qualità totale" della vita umana e dell'ambiente determinano una nuova forma di agricoltura, detta in Italia biologica, in Gran Bretagna organica e altrove ecologica, che prevede l'eliminazione totale dei mezzi chimici di sintesi (antiparassitari e diserbanti), l'impiego di concimi organici, o di concimi minerali non di sintesi, e il divieto di coltivazione di piante transgeniche; l'agricoltura biologica, codificata dal regolamento dell'Unione Europea n. 2092 del 1991, non è un ritorno all'agricoltura classica, dalla quale tuttavia assume l'impostazione "sistemica", ma è un'innovazione organizzativa che sta all'agricoltura tecnologica e industriale come l'industria "toyotista" sta all'industria "fordista", poiché gli agricoltori biologici introducono la certificazione di prodotto e un nuovo rapporto tra il produttore e il consumatore;       

·         agricoltura sostenibile: diffusi fenomeni di inquinamento ambientale (dispersione di nitrati e molecole di sintesi nelle falde freatiche e accumulo di metalli pesanti nel suolo) hanno spinto l'Unione Europea e altri paesi ad adottare misure legislative per il controllo delle emissioni inquinamenti e/o per sostenere gli agricoltori che praticano tecniche colturali con il minimo impiego di antiparassitari e di concimi chimici così da renderne l'uso compatibile con le capacità di carico degli ecosistemi naturali (low input agriculture); l'impiego di tecniche di lotta integrata ai parassiti delle piante (mix di lotta biologica e di uso limitato dei mezzi chimici di lotta) stimola l'adozione di marchi di qualità per i prodotti agricoli (in particolare per frutta e ortaggi), garantiti sotto la comune etichetta di "prodotti di agricoltura integrata";         

·         agricoltura multifunzionale: l’agricoltura multifunzionale persegue un insieme di obiettivi rivolti alla tutela e alla valorizzazione del territorio rurale: conservazione delle risorse naturali e dei paesaggi agrari, prevenzione dei danni ambientali, promozione della qualità e tipicità dei prodotti alimentari, mantenimento delle attività di presidio del territorio; l'agricoltura multifunzionale viene sostenuta dalla politica di sviluppo rurale dell'Unione Europea e da strumenti contrattuali previsti da alcuni stati membri: management agreements in Gran Bretagna (Countryside Stewardship Scheme, Organic Farming Scheme, Environmental Sensitive Scheme e Woodlands Grant Scheme) e Contrat Territorial d'Exploitation in Francia, con cui è garantito dallo stato francese un sostegno all'agricoltore affinché questi valorizzi i prodotti di qualità, protegga l'ambiente, vegli sul rinnovamento delle risorse naturali e gestisca il paesaggio, rispondendo alle nuove attese della società verso l'agricoltura moderna.

Il rischio chimico per i lavoratori agricoli, che operano a diretto contatto con le colture e gli allevamenti intensivi o nell'atmosfera controllata delle serre, è correlato alle forme di agricoltura sopra descritte, cui si associano anche il rischio alimentare del consumatore (insalubrità di cibi e bevande) e il rischio ambientale (inquinamento dei suoli e delle acque, perdita di biodiversità, distruzione dei paesaggi, ecc.). L'impatto delle varie forme di agricoltura causato dell'impiego dei mezzi chimici può essere così schematizzato, distinguendo il rischio lavorativo, alimentare e ambientale:

 

Tab. 1.1 - Collegamento fra le varie forme di agricoltura e di rischio chimico

Forme di agricoltura

rischio lavorativo

rischio alimentare

rischio ambientale

di sussistenza

assente

alto

assente

tradizionale (classica)

molto basso

medio

molto basso

di transizione

medio

medio

medio

tecnologica

alto

alto

alto

industriale

molto alto

alto

molto alto

per prodotti tipici

alto

medio

alto

biologica

molto basso

molto basso

assente

sostenibile

basso

basso

basso

multifunzionale

basso

medio

basso

    

La localizzazione delle varie forme di agricoltura e dei relativi rischi chimici negli scenari continentali, nazionali e locali è ardua, perché le varie forme di agricoltura evolvono nello stesso spazio e possono convivere in spazi diversi ma vicini. Contribuisce alle difficoltà di localizzazione delle forme di agricoltura la diffusione delle moderne tecniche agricole nelle aree meno sviluppate, grazie alla FAO e agli altri organismi della cooperazione internazionale; tanto più se si considera che dopo alcuni eccessi compiuti con l'integrale sostituzione dell'agricoltura tradizionale con quella tecnologica (prima "rivoluzione verde") si è adottato un modello di diffusione del progresso tecnico in agricoltura che dà spazio alle conoscenze empiriche locali (seconda "rivoluzione verde").

In scenari mondiali in evoluzione per la contestuale globalizzazione dei mercati dei prodotti agroalimentari e del progresso tecnico agricolo, è possibile delineare i caratteri dell'agricoltura solo ricorrendo a indici molto semplici, reperibili nelle statistiche internazionali, come ad esempio la percentuale di addetti all'agricoltura sul totale degli attivi: gli attivi agricoli diminuiscono rapidamente passando dall'agricoltura di transizione a quella tecnologica e industriale, per stabilizzarsi o risalire lievemente con l'agricoltura biologica e/o con quella dedita alla produzione di beni alimentari tipici. Per un rapido esame delle caratteristiche dell'agricoltura e dei connessi rischi chimici per i lavoratori, i consumatori e l'ambiente, si possono stabilire delle correlazioni abbastanza significative tra la percentuale degli attivi in agricoltura sugli attivi totali di un dato sistema economico e le forme di agricoltura prevalenti in quel sistema. Tuttavia si possono formulare correlazioni più complete e corrette impiegando anche variabili macroeconomiche (ad esempio il reddito pro capite) e demografiche (ad esempio la densità della popolazione) che, incrociate con la percentuale di attivi in agricoltura sugli attivi totali, permette di costruire un quadro di riferimento più accettabile, come quello proposto nella figura 1.

 

 

 

Figura 1 – Quadro di riferimento: variabili macroeconomiche e demografiche in rapporto alla popolazione attiva in agricoltura

 

Pur consapevoli della semplificazione compiuta correlando le forme di agricoltura a poche variabili macroeconomiche e demografiche, si possono tuttavia inferire le forme di agricoltura prevalenti nei vari continenti in base alle variabili indicate in tabella 1.2.

 

Tab. 1.2 - Attivi agricoli, densità demografica e reddito pro capite nei continenti

Continente

% attivi agricoli

    abitanti/km2

 Pil/abitante ($)

Africa

          61,3

          26,2

        1.281

Asia

          57,9

        110,2

        3.033

Russia

          30,0

            8,7

        4.995

Europa

            9,2

        101,5

      11.721

America del Nord

          10,1

          20,6

      15.757

America del Sud

          21,6

          17,4

        4.678

Oceania

          15,6

            3,2

      13.672

Media mondiale

          45,2

          43,6

        4.926

 

Nel continente africano l'agricoltura si trova, in linea di massima, agli stadi iniziali di agricoltura di sussistenza o tradizionale, sebbene vi siano paesi ad alto livello di sviluppo con agricoltura di transizione o tecnologica (Marocco, Tunisia, Sud Africa e Madagascar) e aree minori di agricoltura industriale (floricoltura e orticoltura) in altri paesi (Kenya, Senegal). Il rischio chimico in Africa è basso, sebbene nelle zone agricole più intensive il rischio chimico possa raggiungere livelli elevati, anche per la tendenza a trasferire i prodotti chimici più pericolosi per l'uomo e più inquinanti per l'ambiente nei paesi meno sviluppati. Per le caratteristiche socioeconomiche si ritiene che in Africa anche le possibilità di controllo del rischio chimico siano estremamente basse. 

In Asia l'elevata densità di popolazione ha spinto in passato e tuttora spinge gli agricoltori a sfruttare intensamente le terre fertili delle pianure dei grandi fiumi dell'India e della Cina e le vastissime aree a pascolo delle pianure centrali; l'agricoltura è in Asia prevalentemente tradizionale o di transizione, pur essendo avviata, in seguito al rapido decollo industriale, verso forme tecnologiche che prevedono anche l'immissione da parte delle imprese multinazionali di "pacchetti tecnologici" basati sulle piante transgeniche. In Asia vi sono tuttavia anche paesi sviluppati (Giappone e Israele) con agricolture d'avanguardia. Il rischio chimico in agricoltura è decisamente in crescita in Asia, ma le possibilità di controllarlo restano quelle, invero modeste, dei paesi poco sviluppati.

Un altro scenario continentale evolutivo è quello sudamericano, dove i grandi paesi agricoli (Argentina, Brasile, Cile e Uruguay) hanno agricolture tecnologiche che prevedono innovazioni high-tech nelle quali vi è un largo spazio all'ingegneria genetica (soia in Argentina); ai paesi sudamericani più evoluti si contrappongono altri paesi l'agricoltura dei quali conserva caratteri tradizionali o di transizione. Il rischio chimico non è elevato nell'agricoltura sudamericana perché la disponibilità di terra permette usi dei mezzi chimici meno concentrati nello spazio: la crisi economica e l'instabilità politica del Sud America rendono poco realistico pensare a efficaci controlli del rischio chimico.  

 Nord America, Oceania e Europa (esclusa Russia) sono i continenti a maggiore sviluppo economico e quindi dotati di agricolture tecnologicamente avanzate. La rapida rassegna sulle forme di agricoltura a livello mondiale qui proposta mira a sottolineare le specificità dell'Europa, riguardo agli altri continenti sviluppati. Sebbene alcuni paesi del Nord America e dell'Oceania abbiano agricolture tradizionali o di transizione, in tali continenti dominano le agricolture dei grandi paesi anglofoni: USA e Canada in Nord America; Australia e Nuova Zelanda in Oceania. Confrontando l'Europa con questi paesi, che hanno simili percentuali di attivi in agricoltura e livelli comparabili di reddito pro capite, si nota che l'agricoltura europea convive con alte densità di popolazione che rendono acuto il problema dei rischi chimici dell'agricoltura, non solo per i lavoratori agricoli ed i consumatori, come in Nord America e in Oceania, ma anche per gli ecosistemi naturali. Questo carattere specifico europeo spiega l'interesse per l'agricoltura biologica, sostenibile e multifunzionale e/o per le produzioni tipiche, tutti scenari innovativi che riducono il rischio chimico, in Europa più avvertito che altrove al di là delle regioni politiche inerenti alla riduzione della spesa comunitaria per la garanzia dei prezzi agricoli.    

Prima di procede all'esame dettagliato della situazione europea occorre dire che, ad un crescente rischio chimico in agricoltura, fa da contrappeso un bilancio mondiale fra fabbisogni e produzioni agroalimentari sostanzialmente in equilibrio, tenuto conto che la popolazione mondiale ha superato i 6 miliardi di persone (tab. 1.3).

 

Tab. 1.3 - Fabbisogni e disponibilità di cibo a livello mondiale

Fabbisogni e disponibilità di cibo

       Mondo

Paesi sviluppati

Paesi in v.s.

Fabbisogno   (kcal/giorno)

        2.400

         2.560

      2.360

Produzione           

        2.700

         3.400

      2.470

Saldo positivo      

        + 300

         + 840

      + 110

 

Sebbene la produzione mondiale sia sufficiente a nutrire l'umanità, un decimo della popolazione mondiale è sottoalimentato e un settimo è malnutrito: in Africa non hanno sufficiente disponibilità di alimenti 30 paesi su 53 (60%); in Asia 7 paesi su 35 (20%); in Sud America 2 paesi su 13 (15%); in Centro America 2 paesi su 27 (7%). Europa, Nord America e Oceania sono esenti da problemi di sottoalimentazione o di malnutrizione sebbene anche qui vi siano fasce deboli di popolazione che hanno problemi simili. I rischi legati all'uso della chimica in agricoltura sono rischi necessari per rispondere al fabbisogno alimentare di una popolazione mondiale in rapida crescita; i paesi dove si manifesta la sottoalimentazione e/o la malnutrizione hanno tutti agricolture tradizionali, se non addirittura di sussistenza, e tali paesi possono superare le crisi alimentari grazie all'importazione delle derrate agricole (se hanno i mezzi di pagamento) oppure agli aiuti dei paesi con agricoltura tecnicamente sviluppata. Un ruolo importante ha anche la crescente internazionalizzazione dei mercati alimentari: il volume del commercio mondiale è di circa 8 milioni di milioni di dollari USA, di cui 4 milioni di esportazioni e 4 milioni di importazioni, con un interscambio alimentare pari al 10% del commercio mondiale: i principali paesi esportatori di beni alimentari sono USA (27%), Francia (16%) e Canada (7%), che sono anche i paesi che garantiscono le maggiori riserve alimentari mondiali, mentre i principali paesi importatori sono Giappone (10%), Cina (5%), Germania (4%), Russia (3%) e Italia (3%).

I problemi della sottoalimentazione e della malnutrizione non sono tecnici ma economici e politici, essendo dovuti alle difficoltà dei paesi meno sviluppati di pagare le importazioni di derrate alimentari, oppure al fatto che tali paesi pagano le importazioni di tecnologie industriali con l'esportazione dei loro prodotti agricoli. I problemi politici dipendono a loro volta dalle difficoltà di dare al commercio mondiale regole che prevedano forme alternative di pagamento delle derrate alimentari (non solo valuta pregiata, ma anche obblighi di adottare corrette politiche di sviluppo, di combattere la corruzione e i traffici di armi o di droga, di non distruggere le risorse naturali e storiche di interesse per l’umanità). Amartya Sen ritiene che per risolvere il problema della fame e della malnutrizione nel mondo non sia sufficiente lo sviluppo tecnologico dell'agricoltura né le attuali regole del commercio mondiale, ma occorre riconoscere a tutte le comunità dei paesi gli entitlements (titoli di disponibilità) sulle risorse necessarie per produrre gli alimenti. I problemi della fame e della malnutrizione nel mondo possono essere risolti mediante: a) l'ulteriore sviluppo tecnologico dell'agricoltura che non può evitare un crescente ricorso all'uso della chimica; b) l'ulteriore internazionalizzazione dei mercati agricoli; c) l'introduzione di nuove regole del commercio internazionale che riconoscano a tutte le comunità del mondo titoli di disponibilità sulle risorse alimentari.

Se il progresso tecnologico dell'agricoltura è inevitabile a causa della competizione sui mercati internazionali e indispensabile per garantire l'equilibrio fra fabbisogni e disponibilità alimentari a livello mondiale, il rischio chimico è destinato ad aumentare nel mondo presentandosi in modo più acuto proprio nei paesi che usciranno dall'agricoltura di sussistenza o tradizionale: i rischi maggior riguardano i lavoratori agricoli e i consumatori più poveri, che sono le fasce sociali più deboli e più esposte agli usi indiscriminati e incontrollati della chimica. Perciò la responsabilità di introdurre innovazioni, che facciano un uso più corretto della chimica in agricoltura e siano suscettibili di monitoraggio e di controllo, ricade sui paesi avanzati e in particolare dell'Europa, che ha saputo adeguare le tecniche agricole per conciliarle a situazioni demografiche e sociali più esposte, rispetto agli altri continenti, a tutta un'estesa gamma dei rischi chimici.

Passando all'Europa si metterà particolarmente a fuoco il quadro dei 15 paesi membri dell'Unione Europea (tab.1.4), per passare poi alle regioni italiane e alle province toscane (tab. 1.5 e 1.6), tra cui la provincia di Livorno oggetto di questo studio. 

     

Tab. 1.4 - Attivi agricoli, densità demografica e reddito pro capite nell'U.E. a 15

Paese

% attivi agricoli

    abitanti/km2

 Pil/abitante ($)

Austria

           5,0

           95,5

         16.243

Belgio

           2,7

         327,4

         16.855

Danimarca

           5,7

         119,4

         17.211

Finlandia

           7,2

           16,6

         16.281

Francia

           6,1

         103,4

         17.175

Germania

           3,4

         223,5

         16.167

Grecia

         25,3

           76,0

           8.170

Irlanda

           6,0

           51,0

         11.535

Italia

           7,7

         191,0

         15.812

Lussemburgo

           3,2

         376,7

         19.667

Olanda

           4,6

         362,1

         16.389

Portogallo

         17,8

         107,4

          9.168

Regno Unito

           2,2

         234,5

        15.402

Spagna

         11,8

           77,0

        12.336

Svezia

           3,4

           21,2

        17.335

Unione Europea

           6,6

        145,7

        14.080

 

Secondo gli scenari agricoli delineati nella figura 1, l'attuale Unione Europea a 15 si colloca decisamente nel quadrante in alto a destra, essendo costituita da paesi a alto reddito pro capite e densamente popolati dive sono presenti tutte le forme moderne di agricoltura, dall'agricoltura tecnologica a quella industriale, dall'agricoltura multifunzionale a quella dei prodotti tipici, dall'agricoltura biologica a quella sostenibile: questa constatazione è, con tutta evidenza, tautologica, dal momento che queste forme di agricoltura sono state partorite un po' spontaneamente da parte degli agricoltori e dei consumatori europei e molto dalle politiche dell'Unione Europea e di alcuni stati membri. I rischi chimici dell'agricoltura appaiono quindi distribuiti nell'Europa a 15 a macchia di leopardo, poiché su una base generalizzata di agricoltura tecnologicamente avanzata si inseriscono aree territoriali, più o meno estese, di agricoltura riconvertita a scenari che prevedono un ricorso minore - ed in alcuni casi quasi nullo - ai mezzi chimici.

Il rischio chimico nell'agricoltura nell'Unione Europea è difficilmente evidenziabile e controllabile perché richiede conoscenze e interventi operativi mirati. Si può dire che le difficoltà sono maggiori in Europa che nei paesi dove l'agricoltura fa uso massiccio della chimica perché qui è possibile monitorare vasti territori intervenendo con normative e strumenti di controllo di massa. Invece nell'Europa a 15, anche in territori di modeste dimensioni, non è definibile a priori quale forma di controllo, normativa o strumento operativo conviene utilizzare, giacché si possono trovare aziende agrarie che attuano l'agricoltura tecnologica vicine ad aziende biologiche, aziende orticole o floricole con serre vicine a aziende dedite a produzioni tipiche o all'agriturismo

 

Tab. 1.5 - Attivi agricoli, densità demografica e reddito pro capite in Italia

Regioni

% attivi agricoli

    abitanti/km2

 Pil/ab. (UE=100)

Piemonte

           4,8

         171,7

        120,9

Valle d'Aosta

           6,5

           34,8

        127,8

Lombardia

           3,1

         372,6

        138,7

Liguria

           3,7

         320,9

        117,5

Trentino - Alto Adige

           8,9

           65,1

        119,0

Veneto

           5,5

         238,2

        117,5

Friuli - Venezia Giulia

           4,8

         154,4

        118,3

Emilia - Romagna

           8,0

         177,4

        130,0

Umbria

           6,4

           96,5

          98,5

Marche

           7,2

         147,4

        103,8

Toscana

           4,6

         153,4

        113,7

Lazio

           4,0

         300,2

        117,2

Campania

           8,5

         425,8

          66,5

Abruzzo

           7,6

         117,1

          88,7

Molise

         14,2

          76,2

          79,3

Puglia

         11,7

        209,5

          73,2

Basilicata

         13,7

          62,3

          62,2

Calabria

         12,8

        142,5

          56,9

Sicilia

         10,2

        201,1

          68,6

Sardegna

         10,2

          68,7

          75,2

ITALIA

           7,7

        191,0

        101,9

 

Questa disparità di situazioni è presente anche in Italia, dove il pluralismo agricolo è accentuato dalla variabilità della struttura socioeconomica delle regioni italiane (tab. 1.5): in nessun altro paese dell'Unione Europea si riscontrano ranges di 80 punti percentuali di reddito pro capite, rispetto alla media europea, tra la regione più ricca (Lombardia) e quella più povera (Calabria).  Nel contesto italiano la Toscana è una delle regioni che più si avvicina alla media dell'Unione Europea (tab. 1.5), in termini di percentuale di attivi in agricoltura (4,6% in Toscana contro 6,6% nell'Unione Europea), di densità demografica (153,4 abitanti/Km2 contro 154,7) e di reddito pro capite (fatto eguale a 100 il reddito pro capite europeo il numero indice per la Toscana è 113,7). A sua volta la provincia di Livorno è allineata alla media della Toscana per quanto riguarda la percentuale di attivi in agricoltura, ma non per la densità demografica che è più elevata della media toscana, italiana e europea: la provincia di Livorno, per i suoi caratteri urbano-industriali e marittimo-costieri, ha più assonanze con alcuni paesi del Nord Europa, come Olanda e Regno Unito, ed anche con le regioni settentrionali della Germania (paesi o regioni con cui la città di Livorno è stata a lungo in rapporti commerciali e culturali). Anche l'agricoltura della provincia di Livorno presenta un mix di tecnologie avanzate e di forme di agricoltura ecocompatibili e multifunzionali, tipiche delle agricolture europee praticate in terreni fertili, fortemente contesi all'agricoltura dalle altre attività umane.     

 

 

Tab. 1.6 - Attivi agricoli, densità demografica nelle province della Toscana

Province

       % attivi agricoli

        abitanti/km2

Massa e Carrara

               2,6

             172,8

Lucca

               4,6

             212,5

Pistoia

               5,9

             276,6

Firenze

               2,5

             303,2

Pisa

               4,0

             157,1

Livorno

               4,0

             276,6

Grosseto

             14,2

               48,5

Siena

               9,3

               65,8

Arezzo

               6,5

               98,0

Toscana

               4,6

             153,4

    

Sebbene le condizioni economiche e socio-politiche dell'Unione Europea, dell'Italia, della Toscana e della provincia di Livorno siano favorevoli al controllo del rischio chimico dell'agricoltura per i lavoratori agricoli, per i consumatori di prodotti alimentari e per l'ambiente, le difficoltà conoscitive sono così alte da rendere estremamente oneroso per la collettività e per i singoli imprenditori agricoli mettere in pratica efficaci metodi di monitoraggio e adeguati strumenti di intervento. Anche nei paesi ricchi il tessuto produttivo dell'agricoltura è relativamente debole e poco disponibile ad adoperarsi, per un superiore interesse collettivo, se gli agricoltori non sono adeguatamente sostenuti da incentivi pubblici o coinvolti dallo stato con particolari strumenti contrattuali.

Siamo in presenza di un paradosso: da un lato i paesi con l'agricoltura più avanzata hanno il dovere, per sé e per i paesi in via di sviluppo, di mettere in campo strumenti di controllo e forme di intervento che siano in grado di prevenire o ridurre efficacemente il rischio chimico in agricoltura (così come ogni altra forma di rischio per l'uomo e per la natura); dall'altro, anche nei paesi più ricchi l'agricoltura resta un settore debole perché fortemente parcellizzato e diversificato al suo interno. Come si esce dall'impasse? In un solo modo: investire nella conoscenza degli organi di governo nazionali, regionali e locali - e questo studio può dare un contributo in questa direzione - e investire nella responsabilità di tutti gli operatori del settore, purché siano adeguatamente informati dei rischi della chimica e delle misure di controllo e di prevenzione (ed anche in questa direzione questa indagine potrà tornare utile).